Giornalismo cattolico

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Autore: Jean Bianchi
Testata dell’agenzia stampa missionaria Misna

1. Tipologia della pratica giornalistica in ambito cristiano

Nel qualificare il giornalismo come religioso, cristiano o cattolico si vuole indicare un campo complesso nel quale la professione giornalistica si intreccia con il mondo del cristianesimo. Nel tentativo di fornire un primo chiarimento su questo campo, si possono distinguere quattro pratiche diverse, ciascuna animata da una propria logica.

1.1. Giornalismo specializzato in notizie religiose.
È indubbio che un certo numero di eventi rientrano nella sfera religiosa di una data società, come per esempio la vita delle grandi Chiese o delle piccole comunità, le decisioni delle loro autorità, l’azione pubblica delle loro figure più popolari, le manifestazioni o le riunioni dei loro membri, i loro interventi nel dibattito pubblico... I media provvedono a raggruppare le notizie provenienti dalla sfera religiosa della società così come raggruppano e classificano in rubriche proprie le notizie provenienti dalla sfera economica, sportiva o giudiziaria. Per ‘giornalismo religioso’ s’intende, in genere, questo lavoro di copertura e trattazione di notizie religiose che le agenzie e i media assemblano in una categoria specifica e affidano, talvolta, a personale specializzato che i francesi definiscono informateur réligieux, gli americani religious correspondent. Assicurare un reportage su un pellegrinaggio, commentare la nomina di un vescovo o di un rabbino, annunciare l’iniziativa di un’istituzione caritativa, fare la critica di un libro di spiritualità, ecc. rientra in questa definizione di giornalismo religioso.

1.2. Giornalismo democratico-cristiano.
Nei Paesi dove la comunità cattolica viene politicamente rappresentata dai movimenti democratico-cristiani, i giornali di questa corrente di pensiero vengono spontaneamente definiti ‘cattolici’ sia dai loro sostenitori sia dagli avversari. Nel contesto storico-istituzionale dove opera, questo g.c. (quello, per esempio, de Il popolo, del Rheinischer Merkur, de La Libre Belgique) svolge un compito di militanza politica: promozione delle idee-base e del programma del partito, sostegno dell’azione dei suoi dirigenti, mobilitazione dell’opinione pubblica attorno alle loro idee, attacco e contrattacco degli avversari. Una delle forme osservabili di giornalismo religioso, dunque, si colloca all’interno della pratica politica.

1.3. Giornalismo istituzionale.
Ogni istituzione è oggi portata a dotarsi di un periodico per ragioni funzionali (diffusione, archiviazione, espressione, collegamento...). È naturale che una galassia di istituzioni come la Chiesa Cattolica sviluppi una copiosa attività editoriale di accompagnamento pastorale: organi ufficiali, riviste scientifiche, giornali d’animazione, bollettini, lettere informative, servizi regolari di documentazione.
Vettori di comunicazione interna per gruppi di fatto modesti, la maggior parte di questi periodici hanno una tiratura limitata, se non addirittura ‘confidenziale’. Alcuni di essi, tuttavia, raggiungono una vera e propria diffusione di massa: in Italia, ad esempio, i settimanali cattolici sono 140 e hanno una tiratura complessiva che supera il milione di copie raggiungendo, secondo stime di marketing, 4 milioni di lettori (Eurispes, Rapporto Italia 1999, scheda 54). Un lavoro editoriale frutto di una reale professionalità può essere definito g.c. sia in relazione all’identità dei gruppi che lo promuovono (diocesi, congregazioni, servizi ecclesiali, movimenti) sia in relazione agli obiettivi perseguiti: segnare un’appartenenza, alimentare una convinzione, esprimere un’identità.

1.4. Giornalismo di orientamento cristiano.
Può succedere, infine, che dei giornalisti – individualmente o come gruppo – trovino nell’esercizio del loro mestiere delle motivazioni provenienti dalla loro fede cristiana e/o dalla loro appartenenza ecclesiale. Un tale giornalismo non si presenta, a prima vista, come un lavoro professionale su un ‘oggetto’ cristiano o in un ‘contesto’ cristiano; si tratta fondamentalmente dell’affermazione di un’identità cristiana nella professione stessa e suppone un’adesione personale (Giornalismo come testimonianza).
Diversi tipi di professionisti (vedi sotto) accentueranno motivazioni cristiane differenti. Alcuni possono seguire una linea profetica (optano per ‘una lettura cristiana dell’evento’, scelgono di ‘far risuonare la voce della Chiesa nei dibattiti pubblici’, ‘difendere i valori evangelici’...); altri sono per una linea sapienziale (intendono ‘aiutare i giovani a vivere meglio’, ‘rappresentare la Chiesa nei media’, ‘partecipare alla formazione dell’opinione pubblica nella Chiesa’). Certuni fanno del giornalismo una espressione della vocazione missionaria della Chiesa, altri vi vedono innanzitutto un mezzo per promuovere la comunione. I primi leggono nel Vangelo la parabola della lampada da porre sul lampadario, i secondi quella del lievito nella pasta. Entrambi, però, vi trovano ispirazione per le loro scelte professionali.
Si distinguono quindi: 1) un giornalismo specializzato (il ‘cronista religioso’) che riporta alla divisione dei compiti tipica di una redazione, 2) un giornalismo di opinione, legato a un posizionamento specifico all’interno dello spazio politico, 3) un giornalismo istituzionale, legato al bisogno di comunicazione interna dei vari gruppi religiosi e 4) un giornalismo etico, fondato sulle scelte personali dei valori.
Queste logiche possono integrarsi o escludersi sia a livello di singoli giornalisti sia a livello di linee editoriali di un determinato giornale. Può fare il cronista religioso di un giornale laico un cattolico praticante, come anche un ex prete ancora segnato dal risentimento. Può essere l’editorialista di un giornale ‘democristiano’ un ideologo di destra decisamente lontano dai valori evangelici. Un bollettino religioso può servirsi di un giornalista ‘mercenario’ efficace, anche se profondamente indifferente a quanto scrive. Ci sono poi giornalisti cattolici, nel senso pieno e personale del termine, che pensano di esprimersi meglio nella stampa secolare che non in quella religiosa. Il giornalismo cattolico costituisce, dunque, un mondo assai complesso.

2. Profilo storico della stampa cattolica

All’interno di queste diverse pratiche giornalistiche esiste, tuttavia, un settore che cerca di legare in maniera organica la copertura delle notizie religiose, il lavoro sull’opinione pubblica, l’appartenenza ecclesiale e le scelte di coscienza personali: la stampa cattolica (i giornali cattolici ai quali bisognerebbe aggiungere qualche piccola agenzia specializzata). Essa rappresenta un’esperienza storica collettiva che si è sedimentata poco a poco, integrandosi con l’azione pastorale della Chiesa. Alcuni cattolici si sono progressivamente appropriati di determinate abilità giornalistiche (pratiche di scrittura, di edizione, di diffusione e promozione) usandole per i propri obiettivi. In un alternarsi di successi e fallimenti, il cattolicesimo ha sviluppato una sua conoscenza e cultura all’interno di questo spazio caratteristico del mondo moderno.
La stampa cattolica non ha la stessa consistenza da un Paese all’altro, non ha intrapreso dappertutto lo stesso cammino, né seguito gli stessi orientamenti. Vi si ritrovano, comunque, tre filosofie differenti, spesso incarnate in tre generazioni successive.

2.1. Il tempo dei pionieri: un giornalismo di confronto.
In ambito cattolico si può parlare di ‘giornali’ nel senso moderno e popolare del termine solo a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Le iniziative in tal senso sono nate quasi sempre per rispondere a delle situazioni difficili, a dei contesti ostili, come l’arrivo degli emigranti europei nel Nuovo Mondo, l’espressione dell’identità cattolica nell’Italia dell’unificazione nazionale e del Risorgimento o ancora l’anticlericalismo della III Repubblica in Francia.
Poche notizie, molte controversie. Il giornale cattolico viene concepito come un’arma di combattimento politico-ideologico, al tempo stesso scudo (a difesa della comunità cattolica dagli attacchi che le vengono mossi) e spada (per duellare contro gli avversari e i loro falsi valori). Motivati dall’opinione ufficiale della Chiesa per cui la stampa è fondamentalmente cattiva, alcuni pionieri cattolici inventano una ‘buona stampa’, vale a dire un prodotto alternativo e al tempo stesso una strategia di attacco degli avversari facendo uso della loro stessa arma preferita.
Il giornalista cattolico dell’epoca è un polemista vigoroso (citiamo, ad esempio, Louis Veuillot de L’Universe di Parigi e Don Margotti de L’Armonia di Torino), convinto della giustezza della sua causa, attento a mantenere tutta la vivacità del suo stile, ma non altrettanto intransigente quanto alla qualità delle sue argomentazioni. Egli coinvolge il lettore nelle sue crociate, al tempo stesso rassicurandolo sulla sua identità e appartenenza.
Questa stampa pionieristica è evidentemente assai fragile. Condotta da cerchie di attivisti minoritari – se non addirittura puramente e semplicemente dipendente da talenti solitari – rimane estranea alla massa dei cattolici. Al di fuori della sua funzione di portabandiera, di fornitrice di ‘munizioni’ ideologiche, essa offre ben pochi servizi ai suoi lettori. In ultima analisi, si tratta di una stampa spesso ai ferri corti con le autorità religiose, venendo le sue posizioni a trovarsi in rotta di collisione con il Magistero in questa o quella congiuntura specifica.

2.2. Il tempo dei militanti: un giornalismo di educazione.
Ai pionieri succederà, agli inizi del secolo scorso, una generazione più organizzata. I vescovi hanno compreso l’importanza dei giornali e così ne promuovono sistematicamente la creazione in particolar modo sotto forma di settimanali diocesani (in Italia, anche di quotidiani: ve ne sono stati fino a 26!). I legami di cooperazione tra i giornali (in Francia, sotto il patronato di La Croix di Parigi, nascono delle Croix regionali o diocesane. Negli Stati Uniti, The Register riunisce una federazione di 35 giornali locali) e un sistema di promozione e diffusione militanti nelle parrocchie e tra i movimenti laici danno alla stampa cattolica dell’epoca una vera e propria organizzazione economica.
Il clero collabora prendendo in mano la penna. Il tono generale degli articoli diviene più pedagogico. Si instaura una strategia globale per articolare stampa e azione cattolica. La stampa diviene la scuola dei militanti, di cui sostiene le iniziative, beneficiando al tempo stesso dei loro abbonamenti. Il giornalismo cattolico prende le distanze dalla sua bellicosa giovinezza. Si considera come uno strumento di educazione: comincia a informare e a analizzare gli eventi; commenta, spiega, insegna, divulga la dottrina e le direttive della gerarchia. Interviene sempre nelle grandi controversie dell’epoca (La Civiltà Cattolica nel 1914 conduce una campagna in nome di una guerra giusta, La Rassegna Nazionale è colonialista, Il Domani d’Italia sarà il pioniere dell’antifascismo, mentre contemporaneamente, oltreoceano, il celebre Catholic Worker milita per il progressismo e il pacifismo) più per far nascere un’opinione pubblica cattolica (attraverso la formazione di un senso critico personale nei lettori militanti e il sostegno all’azione dei movimenti cattolici) che per intervenire direttamente nel dibattito pubblico.
Questa fase di istituzionalizzazione e organizzazione accresce l’impatto della stampa cattolica che assume, quindi, un volto più ufficiale e disciplinato. Tuttavia essa resta un insieme di organi a tiratura limitata, una stampa destinata ai leader, di fatto marginale rispetto alla crescita di potere dei media secolari, persino all’interno degli stessi ambienti cattolici.

2.3. Il tempo dei professionisti: un giornalismo di dialogo.
Nata in seno alle associazioni dei giornalisti cattolici (sotto l’impulso soprattutto di Émile Gabel, ex redattore capo del quotidiano francese La Croix e presidente dell’ UCIP, Unione Cattolica Internazionale della Stampa) e ufficializzata dal Magistero della Chiesa, un’altra visione emerge negli anni Cinquanta-Settanta. Il giornale cattolico diventa un giornale vero e proprio, degno di questo nome. La sua prima finalità è quella di fornire ai lettori un’informazione completa, precisa, pertinente, di cui essi hanno bisogno per condurre un’esistenza di cittadini liberi e responsabili in un mondo che cambia. Dare un’informazione precisa e affidabile sull’attualità costituisce il massimo compito di ogni giornale. Una volta assunto, un tale compito rende il giornale cattolico capace di farsi protagonista della storia presente, operatore di pace e giustizia, avvocato del dialogo, militante a favore di un mondo più umano ma sempre nel rispetto della sua prioritaria vocazione d’informatore.
La legittimità del giornalismo cambia di natura, perché si fonda sul diritto della persona a un’informazione autentica e sul dato di fatto che una società libera non può non avere un’opinione pubblica pluralista. La stessa Chiesa Cattolica con il Concilio Vaticano II ha contribuito al cambiamento dei punti di riferimento. La stampa cattolica non può allora continuare a considerarsi puramente e semplicemente come portavoce o cinghia di trasmissione della gerarchia. Verrebbe infatti accusata, nel suo campo, di allinearsi al modello leninista dell’ agit-prop. L’esperienza dei regimi totalitari ci ha mostrato dove l’utilizzazione dei media a scopo propagandistico può portare: opinione ridotta a degli slogan, falsificazione dei fatti, fanatizzazione delle masse. La stampa cattolica é portata a ridefinirsi nel contesto dei valori democratici: libertà, partecipazione, solidarietà. Piuttosto che voce della Chiesa, il giornale cattolico ambisce ad essere l’eco delle voci nella Chiesa oppure a identificarsi con una di queste voci singole che parlano all’interno della comunità. La stampa cattolica diventa così la stampa del popolo di Dio. Le public relations si coniugano col public interest.
Questa nuova visione implica il ricorso al professionismo, ai suoi metodi di lavoro e alla sua deontologia. L’ideologo e il pedagogo lasciano il posto centrale al mediatore. Rispettare i fatti, trasformarli in notizie e interessare i lettori richiede delle competenze redazionali precise e una certa autonomia nel lavoro redazionale. Portando le loro capacità all’interno della stampa cattolica, i professionisti cambiano i prodotti per allinearli agli standard della stampa offerta dal mercato: grafica più chiara e piacevole, informazione più attuale e utile, allargamento del numero dei lettori e ricorso alla pubblicità. Anche il tono generale cambia. I giornali preferiscono trattare i loro soggetti nella prospettiva del dialogo e all’insegna del pluralismo. Il dibattito assume una maggiore importanza. Le questioni controverse non vengono più sistematicamente scartate.
L’adozione di queste nuove regole è stata lenta e laboriosa, specialmente per i settimanali diocesani e per i giornali legati ai movimenti: alcuni sono morti per non aver saputo rinnovarsi in tempo. Al contrario, il settore delle riviste per la famiglia e per i giovani ha trovato le chiavi di un solido sviluppo, se non addirittura, in qualche caso, di un’eccezionale successo (è il caso, ad esempio, di Famiglia Cristiana). Nel corso di questo periodo, i lettori della stampa cattolica hanno modificato le loro aspettative, richiedendo al proprio giornale di fornire un aiuto nell’identificarsi come cattolici (patto ideologico), di guidare la loro valutazione dell’attualità (patto educativo). Essi chiedono – anche e soprattutto – di seguire ciò che accade nella loro Chiesa: l’informazione religiosa è vissuta come supporto indispensabile di un’appartenenza ecclesiastica attiva (patto partecipativo).
Tuttavia la storia non si ferma. A distanza di 40 anni dal Concilio Vaticano II, il mondo e la Chiesa sono cambiati e, di conseguenza, sono cambiati anche i loro rapporti. L’ottimismo con il quale i giornali cattolici facevano proprio il principio del dialogo e i valori democratici si è indiscutibilmente raffreddato, mentre l’affermazione di un’identità e la disciplina della comunione appaiono più imperativi. I nuovi leader della Chiesa sono meno disposti dei loro predecessori a consentire una larga autonomia ai media d’ispirazione cattolica. Il patrimonio della generazione dei professionisti non andrà indubbiamente perduto, ma gli eredi dovranno probabilmente adattarlo ai nuovi tempi.

3. Tipologia dei giornalisti cattolici

Non è detto che i giornalisti cattolici si somiglino: l’integrazione della fede e della penna avviene secondo modalità diverse nelle diverse personalità. E tuttavia emergono alcune figure ricorrenti. Eccone una breve evocazione.

3.1. L’osservatore ‘di famiglia’.
È un giornalista che partecipa alla vita della Chiesa, ne conosce la storia e la cultura, ha spesso incontrato i suoi leader, ha un’esperienza personale delle sue istituzioni e anche dei suoi conflitti. Della Chiesa egli diventa il cronista sentendosi estremamente vicino a quest’universo. Le notizie che dà sono segnate da evidente simpatia: egli parla ‘dall’interno’ della sfera ecclesiastica e i suoi articoli non forzano mai il tono, creando così un sentimento di complicità con i suoi lettori cattolici. A proprio agio nel reportage e nel ritratto, in un lavoro puntuale ma di serie, fa raramente ricorso a un giornalismo d’intervento, quello cioè delle inchieste e dei dibattiti.

3.2. Il ‘vaticanista’.
Redattore professionista inviato dal suo giornale a Roma, accreditato presso la sala stampa del Vaticano, il ‘vaticanista’ rappresenta una categoria particolare d’osservatore della vita religiosa. Il suo campo d’osservazione è unico: l’attività pubblica del Papa, dei suoi collaboratori diretti e dell’amministrazione vaticana. Vi s’intrecciano due assi: il ministero proprio del Papa (con lo stile personale che egli vi imprime, nella routine come nei tempi forti) e l’azione politico-diplomatica condotta dalla Santa Sede. Numerosi sono peraltro i vaticanisti che lavorano più sull’asse politico che su quello religioso, per non parlare di coloro che applicano al campo ecclesiastico una griglia interpretativa derivata per intero dall’informazione politica. L’intreccio tra il Vaticano e la Chiesa d’Italia dà al vaticanista italiano un ruolo che non ha equivalenti in altri paesi. Il vaticanista è sempre un conoscitore delle realtà ecclesiastiche, ma non necessariamente un simpatizzante.

3.3. Il paladino della Chiesa.
Questo tipo di giornalista si fa campione dell’istituzione, difensore della gerarchia, araldo della fede e dei costumi. Editorialista di temperamento polemico, rivolge contro i suoi avversari le loro stesse argomentazioni e tecniche. Identificandosi con la comunità ecclesiastica, egli scrive usando la prima persona plurale. Poco interessato alla forma e alla circolazione delle notizie, sceglie tra gli argomenti d’attualità esempi e, soprattutto, contro-esempi, atti a sostenere il suo proposito, ricamando i suoi pezzi sulla trama elaborata da tutta un’apologetica popolare. È il solo tipo di giornalista cattolico che accetterebbe di essere designato con il vecchio nome di ‘propagandista’.

3.4. Una coscienza e la sua penna.
Una ‘grande firma’, personalità riconosciuta, sguardo acuto sul mondo, talento da scrittore. Erede del giornalismo letterario di un tempo, è un cronista che parla in prima persona. Rende partecipi i lettori della sua reazione a questo o quell’evento particolare di attualità, ma parla anche dei suoi viaggi, delle sue letture ed esperienze, dei suoi incontri. Esprime la sua sensibilità personale nei riguardi dello spirito del tempo e l’espressione di una tale sensibilità è anche testimonianza personale di un cristiano emblematico, oltre che forza di richiamo per i suoi lettori. I suoi interventi vanno sempre a segno e, molto tempo dopo aver chiuso il giornale, risuonano ancora nella testa e nel cuore del lettore.

3.5. Il promotore del dialogo.
È il giornalista animato dall’etica del dialogo, che racconta agli uni come vivono e pensano gli altri e viceversa. Tesse e ritesse i legami tra le varie località, le classi sociali, le generazioni, i progetti. Si propone di sviluppare l’interazione tra i diversi settori della pastorale, tra i diversi gruppi di cattolici. Questo giornalista ricorre volentieri all’inchiesta. Organizza e anima dibattiti tra opinioni diverse e interessi opposti; non giudica, né ricorda a tutti i costi i grandi principi, per lasciare invece più spazio al dialogo. Se si parlasse ancora latino lo si definirebbe pontifex (con la ‘p’ minuscola: costruttore di ponti).

3.6. La voce dei ‘senza voce’.
Concepisce il suo compito professionale sul modello attivista della militanza, mettendosi chiaramente dalla parte dei poveri, degli oppressi e offesi, dei vinti. Vivendo il giornalismo come un processo, egli si fa avvocato dei perdenti e degli abbandonati o procuratore delle situazioni inaccettabili, chiedendo sempre che giustizia sia fatta. Prende i suoi lettori a testimoni e, in uno stile spesso lirico, risveglia la loro compassione per le vittime e li invita ad adottare i valori evangelici nella società presente. Si tratta di un giornalismo di protesta e interpellanza.

4. Tipologia delle pubblicazioni cattoliche

Quando gli editori e i giornalisti appartenenti al mondo cattolico decidono di creare dei giornali, a che cosa somigliano i prodotti che essi lanciano? Malgrado le differenze di contesto storico-nazionale, è possibile ritrovare nei diversi Paesi un certo numero di formule giornalistiche simili (un po’ come un certo suolo e un certo clima producono dappertutto la stessa flora).

4.1. Il rotocalco familiare per il grande pubblico.
Il prototipo è Famiglia Cristiana in Italia, Le Pélerin o La Vie in Francia: rappresenta, nell’edicola cattolica, la formula che ha raggiunto il maggiore successo. Con una periodicità settimanale, esso si propone come lettura della domenica, con tutto ciò che questo rappresenta per il cristianesimo. In queste pubblicazioni l’illustrazione gioca un ruolo-chiave nella presentazione del messaggio. Questi prodotti hanno sempre avuto una posizione eminente nel progresso della stampa industriale: sono colorati, ben fatti, attraenti. La loro visione dell’attualità non è la stessa della grande stampa che privilegia l’informazione e la cronaca. Vengono trattati anche argomenti di vita quotidiana, vicini alle preoccupazioni dirette di un pubblico familiare, con un tono generale educativo, per non dire moraleggiante, con rubriche di consigli pratici sulla casa, la salute, la scuola, la moda. Le rubriche religiose godono di uno spazio consistente e di un’iconografia curata, senza per questo decentrare il tono sociale generale.

4.2. Le pubblicazioni per l’infanzia e i giovani.
Anche queste, edite spesso dalle stesse case editrici, sono una ‘specialità’ cattolica. Eredi delle testate ‘militanti’ lanciate dai movimenti cattolici per l’infanzia molto attivi tra le due guerre (vedi in Belgio il XXème siècle dove debuttò Hergé, il creatore di Tintin, o Coeurs vaillants in Francia, il Vittorioso in Italia), le testate ‘commerciali’ di oggi valorizzano il mondo dei bambini e degli adolescenti, con l’ambizione di portare loro una catechesi specifica o fornire occasioni di svago educativo. Gli editori cattolici si mostrano spesso grandi esperti di questo spazio giornalistico particolare con staff di gran talento: giornalisti, grafici, disegnatori, tipografi, distributori.
(All’altra estremità dell’arco generazionale, la stampa senior, inaugurata dal successo del mensile francese Notre Temps e di Club3 in Italia, si rivela come un’altra ‘specialità’ cattolica).

4.3. La rivista missionaria.
È una formula giornalistica originale sviluppata dal mondo cattolico. Si tratta del modello di rivista che le congregazioni religiose specializzate nella missione ad gentes hanno elaborato per parlare dei ‘lontani’ ai ‘vicini’, per appoggiare l’epopea missionaria, per rendere popolari le sue figure e gli obiettivi, per valorizzare i suoi frutti. La rivista missionaria è stata inventata, con formule pressoché simili e quasi contemporaneamente, in tutti quei Paesi che fornivano personale missionario (un’analisi più particolareggiata ci porterebbe a distinguere al suo interno dei sotto-generi). Citiamo qualche testata tra le più importanti: Popoli e missione e Nigrizia, per l’Italia, Maryknoll per gli USA, Kontinente per la Germania, Peuples du monde e Pentecôte sur le monde per la Francia, Misión Abierta per la Spagna.

4.4. La stampa di devozione.
Ha preso il posto di vecchie forme di stampa: almanacchi, immagini pie, ecc. Le sue formule redazionali dominanti sono state messe a punto attorno a luoghi e pratiche di grande impatto simbolico: santuari e pellegrinaggi. Il messaggero di Sant’Antonio dei Francescani Conventuali italiani è il successo – anche a livello internazionale – più rilevante nel suo genere con una tiratura di 700.000 copie mensili. Queste testate vogliono essere strumenti di formazione per i cristiani più umili. Si sforzano di rendere popolare il patrimonio dottrinale del cristianesimo così come le preoccupazioni presenti nella gerarchia (le intenzioni di preghiera del Papa, le vocazioni...). Il loro stile popolare e sentimentale sostiene la pietà individuale e collettiva. Vi è data grande rilevanza alle testimonianze delle persone modeste e ai grandi raduni. Una delle tematiche maggiori è l’imitazione dei santi proposti alla venerazione del pubblico. Tono esortativo, esempi concreti, formule proverbiali: questa stampa traspone in forma scritta la pratica omiletica.

4.5. Il giornale d’opinione.
Con una periodicità di solito settimanale, erede di una stampa di lotta o di crociata, questo tipo di giornale vuole essere il portabandiera dei valori cristiani espressi in uno stile che corrisponde a una scelta sociale o politica ben riconoscibile nello spettro del cattolicesimo di un determinato Paese (conservatore /liberale /tradizionalista /progressista, ecc.). Questi giornali scelgono i loro argomenti non tanto per fornire ai loro lettori delle informazioni d’attualità, quanto per strutturare in loro una visione particolare del mondo e dell’epoca attuali. Essi tendono a sviluppare i generi giornalistici che meglio permettono di ‘far capire la loro diversità’: l’editoriale, la nota di costume, la cronaca, la rassegna stampa, la critica letteraria o filosofica. Hanno come interlocutori permanenti i loro avversari, sia all’interno sia all’esterno della Chiesa. Questa stampa non ha la base economica tipica dei prodotti per il grande pubblico. Essa non può che contare sul lavoro di promozione prestato in forma gratuita dai suoi militanti e talvolta sul patrocinio finanziario di amici. Il giornale d’opinione adotta generalmente uno stile ben risoluto, se non addirittura aggressivo (Témoignage Chrétien o L’homme Nouveau in Francia, Trenta Giorni in Italia) anche se talvolta sceglie un tono più moderato (The Tablet, in Gran Bretagna).

4.6. Il giornale cattolico d’informazione generale.
Esso rappresenta nell’edicola cattolica la forma più prossima alla tradizione del giornalismo secolare-democratico. Fornisce una lettura cristiana degli eventi che riguardano tutti i membri di una certa società (una città, una regione, una nazione). Non si concentra sull’informazione interna della sfera ecclesiale, ma cerca piuttosto di valutare la vita politica, economica. culturale, sportiva, ecc., con riferimento ai valori pratici del cristianesimo. Il ruolo che rivendica in primo luogo è quello di informare e non di edificare. E tuttavia vuole informare in un clima particolare con un’attenzione ai ‘segni del tempo’, una deontologia professionale esigente e una presentazione ‘dialogante’ dei suoi impegni etici. È il caso del quotidiano cattolico francese La Croix, di alcuni dei migliori settimanali diocesani italiani (L’Avvenire, il quotidiano dei vescovi d’Italia, pur collocandosi tra i giornali cattolici d’informazione, mantiene alcuni dei caratteri tipici del giornale d’opinione).

5. L’apporto dei giornali alla vita ecclesiale

Il giornale cattolico è stato concepito a lungo come un prolungamento della cattedra, come un canale ausiliario della comunicazione del magistero. Oggi si è capito che il giornale non è lo strumento giusto per insegnare, ma che il suo contributo più originale è far emergere il senso cristiano dallo choc di certi eventi e opinioni.
Le comunità ecclesiastiche che investono nei giornali ne ricavano diversi vantaggi catalogabili in cinque funzioni diverse.

5.1. La funzione ‘specchio’.
Come uno specchio posto davanti al proprio volto, il giornale cattolico svela alla comunità credente la sua stessa immagine. Esso traccia un’immagine precisa di ciò che essa fa e non soltanto di ciò che pensa. Esplora e documenta il vissuto dei suoi membri e non solamente la volontà o i sogni dei suoi leader. Non si limita a mettere in luce i programmi pastorali ma si interessa anche della loro realizzazione, dei loro fallimenti o successi. Equilibra l’universo dei discorsi con l’osservazione realistica dei fatti e l’investigazione delle situazioni.
Ha anche la funzione di cristallizzare un’identità collettiva (quella di una parrocchia, di una diocesi, di un movimento...) e sviluppare nei lettori un senso di appartenenza molto concreto: quello di persone che hanno vissuto gli stessi eventi, conosciuto le stesse gioie, affrontato gli stessi problemi.

5.2. La funzione ‘antenna’.
Il giornale cattolico è anche un’antenna che capta i messaggi del mondo per farli conoscere alla comunità credente, spingendola così a preparare una sua risposta, condurre una testimonianza, progettare iniziative missionarie, ecc. Come ‘esploratore’ in missione per conto della comunità, il giornale registra i movimenti dell’opinione pubblica, le tendenze dell’evoluzione sociale, l’emergere di nuove preoccupazioni, che propone come ‘segni dei tempi’ all’intelligenza della Chiesa. Il giornale è sempre un’intelligenza del presente.
Con i suoi mezzi tipici (l’investigazione, il dibattito, la valorizzazione di situazioni e personalità innovative), il giornale costituisce il vettore delle operazioni collettive di discernimento condotte a beneficio della comunità, a cui fornisce una migliore comprensione del mondo dove essa vive, così da poter meglio offrire il proprio apporto originale.

5.3. La funzione ‘forum’.
Il giornale cattolico rappresenta anche un forum, un areopago dove è possibile mettere tra loro in contatto le opinioni, le testimonianze, i suggerimenti, le critiche dei membri della comunità. Fornisce l’infrastruttura elementare per far emergere un’opinione pubblica ecclesiale, uno spazio aperto agli interventi dei diversi attori, le procedure di un’etica del dialogo pluralista, una condotta del dibattito verso l’approfondimento e la chiarificazione delle questioni.
Così facendo, il giornale permette ai lettori di formarsi una propria opinione (il che è insieme un diritto e un dovere) attraverso il confronto con i vari elementi del dibattito, e alla comunità credente di cristallizzare la sua testimonianza collettiva. Almeno fino a quando l’intolleranza di alcuni e l’autoritarismo di altri lasciano spazio sufficiente al giornalista. In questo modo ogni lettore si sente partecipe della vita della comunità, coinvolto nelle sue decisioni.

5.4. La funzione ‘vetrina’.
Il giornale cattolico si sente responsabile dell’immagine pubblica della propria comunità ecclesiale. Della sua Chiesa locale esso cerca di presentare un’immagine più autentica e completa di quanto non siano gli stereotipi che di solito circolano. Si considera corresponsabile dell’impatto pubblico di ogni pronunciamento ufficiale, intervenendo perché siano meglio comprese le ragioni, le motivazioni e la portata esatta delle dichiarazioni. In questo senso il giornale cattolico lotta contro ogni limitazione dell’informazione religiosa a pochi temi riduttivi, esplorando invece, incessantemente, i mille volti della sua Chiesa, le sue dimensioni molteplici, la ricchezza delle sue differenze.
Attraverso il giornale cattolico, la comunità credente lavora a viso aperto nella società contemporanea: la sua testimonianza è pubblica e si offre allo sguardo e al giudizio di tutti.

5.5. La funzione ‘impegno’.
Infine, il giornale cattolico è un protagonista della società e dell’attualità. Sceglie di dare spazio a una certa realtà, di sostenere una certa campagna, di prendere le distanze da una certa decisione pubblica, di aprire un certo dibattito. In breve, agisce. E in questo suo agire (nel lavoro giornalistico, così come nell’impatto sociale di un tale lavoro) il giornale cattolico è operatore di verità, di giustizia e di pace, cercando di mettere in pratica l’ispirazione evangelica. Non può accontentarsi di predicare – fosse anche con un grande talento – la Parola o di mettere in evidenza ‘gli atti degli apostoli’ d’oggi (l’impegno dei gruppi cristiani al servizio della libertà e della solidarietà) senza assumere in prima persona, nella sua identità corporativa e nelle sue scelte editoriali, la stessa Parola e gli stessi valori. Alla sua Chiesa il giornale offre uno spazio aperto, quello in cui partecipa alla definizione pubblica dell’identità cattolica. (Cattolici e mass media;Chiesa e comunicazione)

Bibliografia

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Bianchi Jean , Giornalismo cattolico, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (23/11/2024).
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